Visita alla Fortezza di Fenestrelle

31 agosto 2019
AG2019
Visita alla Fortezza di Fenestrelle

Sveglia alle cinque oggi perché l’escursione prevede un viaggio in autobus di circa tre ore alla volta di Fenestrelle (TO, pochi chilometri prima di Sestriere.

Ci attende una visita speciale oggi: cultura, natura e cammino. I ragazzi sono assonnati, ma la compagnia li risveglia e pian piano il pullman si vivacizza.

Già all’arrivo mi stupisco perché in mezzo ad una stretta e verde vallata sorge una struttura in pietra dall’aspetto imperioso. Ecco l’ingresso della fortezza, a circa 1200 m. s.l.m.: è il forte San Carlo, il più grande e importante di tutto il complesso. Qui incontriamo le nostre guide, Alberto e Gioele di soli 16 anni, che appartengono all’Associazione progetto San Carlo – Forte di Fenestrelle Onlus, che negli anni novanta prese in cura il complesso che giaceva in totale abbandono dalla fine della seconda guerra mondiale.

Gioele ci illustra la storia del complesso la cui costruzione iniziò nel 1728 per finire nel 1850 impiegando in determinati periodi più di 4000 addetti ai lavori. Nasce così la più grande fortezza alpina d’Europa, composta da otto opere difensive collegate tra loro da percorsi interni ed esterni.  Gioele ci spaventa un po’ parlando di un percorso di 4000 scalini e un dislivello di 600 metri. Ce la faremo? Lui parte ad un passo sicuro e veloce … ma noi vogliamo ammirare e conservare fiato, quindi lo richiamiamo subito all’ordine…più i genitori, per dir la verità, che i  ragazzi,  ai quali il fiato non manca.

In realtà le cose da vedere sono molte quindi sul percorso sostiamo spesso e a lungo per ascoltare le spiegazioni di Gioele. E’ impressionante il panorama che vediamo, sia guardando a valle che a monte, scale ripide e alte muraglie; pensare a tanto lavoro manuale in quota lascia senza parole.

Percorriamo anche un tratto del percorso coperto che serviva per portare da una fortezza all’altra informazioni in velocità e sicurezza. Si tratta di 4000 scalini protetti da mura spesse due metri, una lunga galleria che si snoda sul pendio per più di due chilometri.

Sembra di affrontare un viaggio avventuroso nella storia, l’atmosfera è surreale, i ragazzi sembrano piuttosto interessati, soprattutto ai racconti della vita militare. Una vita dura, in condizioni estreme, dove sussisteva un grande divario di trattamento tra i diversi gradi militari. Il povero soldato, al gradino più basso della scala gerarchica, sopravviveva, se era fortunato, mangiando pane ammuffito e brodaglia acquosa, mantenendo, se ne aveva la possibilità, il rancio caldo immergendo il contenitore nel letame dei muli.

Il complesso più a monte (circa 1800 m. s.l.m), il Forte della Valli, è il primo ad essere stato costruito, è circondato da profondi fossati e il nostro pranzo lo consumiamo proprio accampati in uno di quelli. Il Forte è un vero e proprio labirinto di percorsi coperti, gallerie e trabocchetti. Una fortezza studiata per essere inespugnabile.

Il nostro cammino si conclude questa volta non su una vetta ai piedi di una croce o di una bandiera, ma sul Ponte Rosso, una costrizione scandita da quattro arcate che permette il superamento dell’alto fossato, al centro due pilastri che sostenevano un cancello e l’impianto per il sollevamento del ponte levatoio. Alla base di questi erano predisposte camere di mina pronte ad esplodere in caso di attacco nemico.

Da qui inizia la discesa,  ma non possiamo affrontare il percorso fatto in salita formato da gradini irregolari studiati appositamente per i muli; ci attende un sentiero più agevole in un bellissimo bosco di larici.

Ci accompagnano alcune riflessioni. Pensiamo ad una costruzione maestosa atta a difendere da attacchi che per fortuna non si sono verificati;  al sacrificio dei lavoratori che si sono adoperati in condizioni estreme e pericolose; ai soldati che, pur non avendo dovuto affrontare il “nemico” invasore, hanno qui condotto un’esistenza altrettanto difficile.

Un’escursione davvero interessante e sorprendente, come sempre in ottima compagnia.


 

 

 

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Rifugio Chalet de l’Epée (Valgrisenche)

29-30 giugno 2019
AG2019
La “due giorni” con “Quelli del CAI” al Rifugio Chalet de l’Epée (Valgrisenche)

Qualche nostalgico di “Quelli del CAI”, durante una delle riunioni di programmazione, disse: “Perché non andiamo in Valgrisenche per la due giorni dove qualcuno di noi ha campeggiato quando portava i pantaloncini corti?”

 Sì, perché…ai nostri tempi…non c’erano i campi estivi dell’oratorio negli alberghi autogestiti. Noi andavamo all’avventura, in tende neanche troppo attrezzate. Niente scarponcini, niente zaini dalle mille tasche o magliette antisudore. Si andava con quello che avevamo, di certo non mancavano lo spirito di avventura e la voglia di stare insieme e divertirci.

Comunque: Detto…… fatto!!

Sabato 29 giugno

Tutti sul bus pronti a vivere un’ avventurosa esperienza.

Meta della nostra escursione sarà il Rifugio Chalet de l’Epée a 2370 m in Valgrisenche con partenza da Mondanges a 1788 m. Siamo proprio un bel gruppo eterogeneo: ragazzi alla prima “due giorni”, mamme coraggiose con prole al seguito, cognati, nipoti, genitori in erba, i soliti simpatizzanti, noi, “Quelli del Cai”.

Il sentiero si inerpica subito in un bosco ed è dura rompere il fiato e tenere il passo! Ma con la pazienza degli accompagnatori e la voglia di arrivare presto, ce la facciamo proprio tutti.

La giornata è splendida, il cielo di un azzurro terso. Inutile dire che la natura ci regala paesaggi mozzafiato. In men che non si dica siamo al rifugio e veniamo accolti con simpatia dalla famiglia Gerbelle che lo gestisce dal 1988.

In attesa della cena che risulterà ottima ed abbondante, ognuno di noi si dedica a  svaghi diversi: l’abbronzatura, le passeggiate in cerca di nuove emozioni, un tuffo nelle acque gelide di un laghetto alpino, i giochi all’aria aperta, la lettura, le discussioni con gli amici.

Domenica 30 giugno

Il gruppo parte compatto, ma con due mete differenti: per i più temerari l’obiettivo è il Col Finestra a 2840 m. raggiungibili attraverso un lungo e ripido sentiero roccioso e nevoso: in vetta panorama mozzafiato a 360°.

Con gli altri si raggiunge un laghetto glaciale circondato da sprazzi di nevaio che ci permettono di giocare a palle di neve.

Il ritorno risulta un po’ noioso poiché, per montanari esperti come noi, camminare su una strada asfaltata non è certo piacevole, ma raggiungiamo la diga, togliamo gli scarponi, immergiamo i piedi nelle acque gelide del torrente e il vigore ritorna nei nostri corpi.

E’ ora di tornare verso il paesello. Sul pullman il toto “due giorni 2020”: chissà cosa ci riserveranno “Quelli del Cai”!

Beh abbiamo un anno per pensarci!!!!!!!

Carlo


 

 

 

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